Admin di CAM, editor in chief di Scuola Twain. Blogger, copywriter, promoter, grafico, collaboro con il Vintage Festival e scrivo anche per L'Indiependente: per questo quando mi chiedono che lavoro faccio vado in difficoltà. Cioran, Palahniuk e Nabokov tutta la vita. Bevo Red Bull e ho una barba della Madonna. I'm a Beard Bull.
tommaso
effettivamente gli errori potrebero non essere recepiti come tali né da Saviano né dai lettori né dai correttori di bozze perché fanno parte di un modo di esprimersi maccheronico che riguarda ahimé un po’ tutti. Probabilmente in Saviano si dà più importanza al contenuto che alla forma. Sbagliando.
Francesco Terzago
Manca una benedetta nota introduttiva. Si presume, infatti, che per bollare come illetterario qualcosa si debba innanzitutto definire che cosa ai nostri occhi sia letterario – ma nel caso di questo articolo si correrebbe il rischio di fare uno di quei pedanti discorsi prescrittivi, passatemi la provocazione: da maestrina delle elementari – in pratica dovremmo stilare delle liste, proporre un canone (sic), quelle cose niente più e niente meno discrezionali, e forse anche un po’ fasciste. Un libro deve essere in primo luogo un buon oggetto di intrattenimento – perché il 95% delle persone là fuori non sono interessate alla variatio o a sottolineare con la penna rossa un pleonasmo (dovreste fare lo stesso tiro a Manzoni!), anzi, se a queste viene data la possibilità di ricevere un messaggio veicolato con quel codice che ben conoscono – perché è la loro Patria – come direbbe Pessoa, va da sé che saranno meglio disposte a riceverlo. Eppoi la grande letteratura ha sempre attinto a piene mani dalle varietà parlate della lingua, non è che proponga una interminabile lista di nomi. Dai, parlare di un codice standard per la letteratura italiana del nuovo millennio puzza di rigurgito purista. E se poi Saviano commetta degli ‘errori’ volontariamente o involontariamente poco cambia – nel primo caso darebbe prova di certe sue competenze, nel secondo – invece – dimostrerebbe una cosa che dovrebbe essere ben chiara a tutti, che ogni istanza conservativa, quando si parla di lingua, viene prima o poi abbattuta, che le incursioni di neo-standard di oggi saranno l’italiano standard di domani – nulla frena l’evoluzione dell’italiano e non c’è niente di positivo o negativo in questo, è un dato di fatto. Infine vorrei ricordare che a un libro si chiedono coerenza interna e coesione, che ogni libro parla una lingua tutta sua, ed è proprio questo il gusto della letteratura.
Tommaso
é interessante la questione della lingua, magari si potrà approfondire in seguito. Per quanto riguarda Saviano il problema è capire fino a che punto l’autore è libero di tirare la corda con la lingua e quando in vece semplicemente si esprime male o ha una qualità medio bassa di scrittura. In un’ intervista Saviano disse di aver molto ammirato da giovane Landolfi, uno scrittore che ha fatto dello stile una ragion d’essere e quindi è un po’ strano ritrovarsi a parlare di imperfezioni stilistiche e lessicali di Saviano, evidentemente ha optato per uno stile giornalistico comunicativo per allargare il più possibile la maglia dei suoi lettori. Per fortuna oltre allo stile c’è il contenuto ed evidentemente è quello che viene evidenziato in Saviano. Del resto Vittorini diceva che “Che fare?” di Cerneacevski era un romanzo brutto, però è considerato un romanzo importante. Benjamin diceva che solo il bravo artista può veicolare il giusto messaggio politico, insomma qui il dibattito si potrebbe amplificare all’infinito.
conaltrimezzipd
la nota introduttiva c’è: il presupposto che si parla di grammatica e in un certo qual modo di stile. se si sbaglia la grammatica si ha a che fare con un errore. punto. vogliamo non dar retta alla grammatica? ok, ma allora questo è un altro discorso difficile da accettare secondo vari punti di vista. d’accordo con francesco su purismo e canone fascista, ed in questo articolo non ce n’è manco un grammo dal momento che il sottoscritto è stato il primo a lanciare la provocazione che, volontariamente o meno, la scelta di saviano di scrivere come parla e parlare come mangia, alla stregua della maggior parte degli italiani, è probabilmente vincente dal punto di vista del pubblico. ma può non essere dello stesso avviso la critica. infatti non sta neanche bene affermare che qualsiasi innovazione del neo italiano vada accettata così com’è per un semplice dato di fatto. troppo semplice. del resto la nostra lingua è frutto di un lungo iter conservativo, di tanto in tanto mediato da qualche incursione inevitabile da parte dell’uso. non fosse stato così ora l’italiano sarebbe un’altra lingua.
e poi nel caso di saviano e di questo articolo non si ha esattamente a che fare con un nuovo linguaggio, ma di cortocircuiti del linguaggio. basta rileggere certe espressioni, dall’erezione che penzola, ai congiuntivi, che il neo italiano vorrebbe eliminare. e quindi, se così fosse l’intento di saviano, perché non eliminarli? lo scrittore invece li canna sbagliando il tempo verbale. e non si capisce perché la cosa non sia passata al vaglio dei correttori. dico io: benissimo. la maggior parte della gente manco se ne accorge. ma non si può nemmeno far finta di niente. insomma, o si accetta che la lingua, la frase, ha delle sue strutture e regole (cosa peraltro dimostrata fino a Chomsky ma contestata da altri) e di conseguenza si pone una questione di valore a proposito della lingua (esatto o scorretto, buona o cattiva scrittura), oppure si avanza l’idea che non vale la pena seguire la norma in nome di un ricambio linguistico inesorabile che parte dal basso. un fenomeno che di fisiologico però, se andiamo a vedere la nostra stessa tradizione, ha poco, proprio perché la lingua è soprattutto parlata, ma quella scritta obbedisce ad istanze di vertice al contrario dei nostri gerghi. e quindi a quando romanzi scritti con le “k”, le abbreviazioni da sms o le faccette? qualcuno già lo fa e vende: segno dell’approvazione del pubblico. un qualcosa di inevitabile? probabile. di incontrovertibile? anche no. o forse sì… e quindi, di fronte all’impossibilità di esprimersi in favore della norma, è giusto mettere sullo stesso piano autori A e autori B? letteratura A con letteratura B? siamo sicuri?
in poche parole, la domanda è questa: è ancora possibile dare un giudizio di valore, o di gusto, alla lingua o allo stile? no se passa il concetto, come lo si vuol far passare, che la lingua non si può sottoporre a canoni, regole e, di conseguenza, ad una valutazione di qualsiasi tipo. viva moccia?
Francesco Terzago
La composizione di una frase non risponde a un sistema normativo ma di regole, Moro arriva a sostenere la possibilità che qualsiasi frase enunciabile da un essere umano risponda a particolari presupposti bio-linguistici. Chomsky e norma non hanno nulla a che spartire, il lavoro di Moro del resto, parte dal concetto di grammatica generativo trasformazionale. Questa, fino a prova contraria è scienza; la critica è tradizione, gli strumenti della critica non sono quasi mai scientifici: anche la critica di stampo psicoanalitico non ha nulla a che vedere con la scienza. Per questo motivo le ultime provocazioni di Odifreddi sui sistemi valutativi del mondo umanistico sono sacrosante. Ad ogni modo, totale rispetto per la tradizione se, quando se ne parla, si tiene conto del fatto che
1) si è formata discrezionalmente e in modo elitario.
2) propone canoni e sostiene tesi che non sono dimostrate attraverso gli strumenti della scienza.
3) è la rappresentazione, fino al romanzo d’appendice, fino al romanticismo, di una esigua porzione della popolazione.
4) è sedimentata, storicizzata e indiscutibile nelle sue fondamenta, è una dottrina.
La letteratura nell’epoca della globalizzazione andrebbe analizzata con gli strumenti di 1) linguistica, 2) sociologia. Per questo il N.I.E. resta una delle poche cose decorose che sono avvenute negli ultimi anni nel panorama letterario italiano, al di là del oggettivo successo di pubblico. Ragazzi, dovremmo iniziare a parlare un po’ più di editoria, perché un libricino del Sanguineti di turno, del De Angelis, e compagnia cantante vende 2000-3000 copie, dobbiamo stare dietro a produzioni letterarie che hanno una diffusione omeopatica – gli italiofoni sono ben più di 60.000.000 nel mondo!
A presto, e comunque voglio ancora complimentarmi con voi per questo progetto.